Mi vedono come un’estranea, quella che rompe i coglioni, la perfettina. Sapete il perché? Sono puntuale e per giunta mantengo le promesse fatte, e se dico: ci si vede alle diciassette, arrivo cinque minuti prima. Qui in Salento invece il tempo non esiste, ed io non ci trovo nulla di gradevole, perché in questa lentezza temporale: IO MI PERDO. Cerco di adattarmi ma proprio non ci riesco e quindi sono la prima ad arrivare a tutti gli appuntamenti: di lavoro, di amicizia, di routine. La fatidica frase: Quando Dove e a Che Ora, non ha alcun senso. Qui è molto se si rispetta il dove, per il quando si apre un mondo a parte. I miei amici, pare, che non abbiano nessuna regola, che non siano minimamente mossi dal passare delle ore. Tutto è relativo qui in questo estremo sud ed io che anche se nessuno lo direbbe, sono, nel mio piccolo, MISSINPERFETTORARIO, odio questo non capire mai quando incontrarci. Capita quindi, che mi organizzi la serata nella serata, con altre persone, in altri posti, prima di arrivare a quell’appuntamento atteso. Perché loro arriveranno quattro ore dopo e a Random. Alcuni escono anche verso l’una di notte, come nulla fosse, raccontando di cene e di bevute, ed io che tra me e me penso irritata: ma come, noi stavamo aspettando questi due e loro ci spiattellano in faccia che hanno fatto altro? Poi guardo gli altri intorno a me e mi accorgo che sono l’unica a essere nervosa. La verità è che sono io il pesce fuor d’acqua. Sono io che sono fatta così di natura, poi certo, i dodici anni al nord non mi hanno aiutata in questa nuova vita qui in Salento. In piccoli centri come in quello in cui ora abito, non ci sono autobus, non ci sono treni; tutto dipende da te stesso. Prendi la tua macchina e vai, dove devi andare e quando vuoi andare. Ci sta, quindi, che non si siano abituati al rispetto degli orari. Anche perché neanche i negozi rispettano l’orario di apertura e chiusura. Mia madre esce da casa per fare la spesa all’una e venticinque, quando il negozio di generi alimentari, chiude all’una e trenta. Ho chiesto il perché, a me sembrava fosse una sfida con se stessa, invece mi ha semplicemente risposto: se il negozio è chiuso, suono al citofono e mi aprono. A questo punto qualcuno potrebbe quasi invidiare quest’assurda condizione di tranquillità. Io invece odio profondamente perché sembra che niente ha davvero un significato obiettivo e mi sento fuori dal mondo. La loro giornata è scandita dagli eventi in work in progress e la parola “data”, vale il tempo che trova. Ecco perché nessuno da un orario preciso e tutti dicono: ci vediamo domani mattina, nel pomeriggio, sta sera. Per fortuna c’è un limite a tutto e poi Ok la tranquillità, ma la tanta tranquillità mi stordisce. Così per rilassarmi penso alla mia amica di Milano che mi diceva: Manu, ti aspetto a casa mia per le diciotto e quarantacinque. Ed io ero da lei cinque minuti prima.
Nessun commento:
Posta un commento