Daniele non aveva mai conosciuto suo padre, aveva vissuto in casa con sua madre, la zia e fino a tre anni anche con il nonno Antonio.
Da piccolo quando sua madre litigava con sua sorella, la zia Giusi, Daniele si nascondeva nel sottoscala e si chiudeva le orecchie con le mani.
Odiava quelle voci, quel suono di violino suonato male.
Il nonno morì troppo presto e sparì quell’ unica voce maschile della sua famiglia.
Vivevano nel quartiere spagnolo di Napoli e di donne che urlavano ne sentiva ogni giorno e costantemente.
Molte volte, quando aveva lezione di matematica, non andava a scuola perché fra tutte, la professoressa di matematica, la signora Russo, era quella che aveva la voce più stridula.
L’unica sua salvezza erano gli infiniti viaggi che faceva con la madre.
Stefania era il nome della donna ed era la capo sarta di una compagnia teatrale, girava l’Italia e anche l’Europa portando con se Daniele.
La sua fortuna non era tanto quella di poter evitare voci odiose perché di donne nei suoi viaggi ce ne erano tante, la sua fortuna era il fatto di poter evitare di andare a scuola e non sentire la voce della professoressa.
Normalmente prendevano sempre una pensione al centro del paese, non andavano a pernottare negli hotel con il resto della compagnia.
Il più delle volte Daniele rimaneva solo in pensione mentre Stefania lavorava; se il paese era un piccolo borgo, nei tempi caldi, usciva a chiacchierare con i signori che giocavano a carte fuori dalle botteghe, nei tempi freddi rimaneva ad osservare le persone che passavano davanti alla sua finestra e faceva un gioco; prendeva carta e penna e segnava con una crocetta le voci belle delle donne.
A fine serata contava il punteggio e dava un voto alla città.
Quel giorno fortunato si trovava a Catania e aveva segnato tre crocette.
Questo vagabondare lo portò a conoscere molte persone e ad avere amici sparsi per l’Europa.
Accompagnò la madre in questa avventura fino all’età di diciotto anni, finita la scuola, liceo classico per l’esattezza, decise di sostare in quella città che per un caso o per l’altro non aveva mai avuto modo di vedere.
Si trasferì a Torino e si iscrisse a lettere classiche.
A Torino si prese un bilocale su corso Moncalieri, non distante dal Parco del Valentino, la città era vasta, maestosa e Daniele era felice perché sembrava ci fosse spazio per tutti e quando passeggiava era abbastanza lontano dalle altre persone. Mentre camminava cercava di alienarsi e di non sentire quelle odiate voci femminili.
Il tempo di solitudine fu quasi inesistente, si fece molti amici già dopo la prima settimana e in una delle interminabili discussioni gli spiegò quella che per lui era una sua patologia, da quel giorno le amiche della compagnia quando parlavano con lui avevano sempre un po’ di imbarazzo perché era come se lui le stesse esaminando, ed era vero.
In realtà erano tante le persone che la pensavano come lui ma se un uomo qualsiasi conosce una donna obiettivamente stupenda se ne infischia di stare a pensare alla sua voce, poi ci sono altri uomini che incontrano a lavoro donne di potere con una brutta voce a cui devono per ovvi motivi sottostare.
Daniele invece, non aveva mai accettato, piuttosto aveva fatto la fame soprattutto quella sessuale, il suo è un punto di vista differente, Daniele non riusciva ad essere coinvolto se la voce che ascoltava lo ripugnava anche perché il suo pensiero diceva che una donna con una brutta voce è una brutta donna in tutto e per tutto.
Non faceva l’amore da anni e l’ultima volta l’aveva fatto con una Giapponese, per lo meno non capiva quello che lei diceva e l’incomprensione linguistica li portava ad un silenzio d’amore.
Per il resto era un ragazzo normalissimo, almeno era quello che faceva credere alla gente. Tutta questa teoria sulla voce femminile era un discorso che faceva a se stesso, la sua realtà era fatta di amici e di bar.
Usciva quasi ogni sera e studiava solo dalle 18 alle 22 seguendo anche molte lezioni la mattina.
La sua teoria si trasformò in una specie di documentario scritto, raccoglieva tutti i suoi pensieri e i suoi ragionamenti: “ci sono donne che parlano molto e velocemente, magre, vestite di tendenza, nella maggior parte dei casi queste donne hanno un viso bruttino per lo più un brutto naso o denti sporgenti. La loro voce la senti da lontano e più ti avvicini più la vorresti strangolare perché ti accorgi che la velocità delle parole viene accompagnata da movimenti coreografici con le mani e con le braccia. Poi c’è la donna vestita in modo sobrio ed elegante che punta molto sullo sguardo, questa tipologia il più delle volte ha un vocione maschile con toni marcati e al guardarle ti senti preso in giro da quella apparenza così sofisticata.
Poi le donne dalla voce cantilenante, del sud quanto quelle del nord, proprio non le sopportava, non starebbe mai stato con una donna di Venezia né con una di Lecce.
Le donne romane come quelle milanesi usano troppi slang e non le avrebbe mai prese sul serio.
“La voce esprime l’anima, racconta una vita in modo sensoriale, come i movimenti e lo sguardo.”
Una donna secondo Daniele doveva avere tre caratteristiche: una bella voce, una movenza gentile, uno sguardo vero, sincero, furbo e intelligente.
Questa tipologia di donna sempre secondo Daniele avrebbe sicuramente avuto anche una bellezza estetica e mentale.
Nella quotidianità neanche ci pensava alle donne, aveva di meglio da fare, studiando il giusto e il resto del suo tempo lo passava in giro per Torino, per questo pochi particolari gli sfuggivano, oppure incontrava i suoi amici in qualche bar e li nascevano idee e cose folli non realizzabili.
Ma nel suo bilocale mansardato, guardando il cielo da quell’unica finestra, pensava che in realtà gli mancava una lady nella sua vita o forse era in crisi d’astineza visto che un attimo dopo chiamò una delle sue “amiche” e fecero notte, bevendo e ballando e arrivando al dunque nel suo bilocale riscaldato dai loro gemiti, ed era troppo ubriaco per essere infastidito dalla quella voce.
Al mattino però se ne accorse e la “Ceci” rischiava di essere fatta a pezzi e buttata nel primo cassonetto dell’immondizia. La voce era squillante ed aveva solo da pochi attimi aperto gli occhi, facendo domande che non hanno avuto risposte.
Fece finta di stare male per la sbronza della nottata e la mandò via accompagnandola alla porta e salutandola in modo brusco e veloce.
Ritornò a letto e riprese a dormire, sognò se stesso da bambino come una volta in giro per il mondo con la sua mamma.
Nel sogno era con lei anche a lavoro e mentre lei gli raccontava una delle sue infinite storie lui era beatamente felice, cullato dalla sua voce “importante” ma dolce, una voce che seguiva un suo bel ritmo che riusciva ad entrare nel cuore delle persone.
Non cercava una voce materna, sua madre era viva e in forma e anche ancora molto giovane ma sarà anche stata colpa di questa bellissima voce che riempiendo il suo cuore di calore non riesce più a farne a meno di ricercarne almeno un’altra sola voce così bella.
Alcune volte pensa che abbia sbagliato epoca, non pensa che in questi anni ci sia in giro una donna che parli in modo pacato senza troppo gesticolare, in giro lui vedeva solo gente che urlava invece di comunicare gesticolando hip hop, neanche fossero nati tutti nei ghetti neri d’America.
Osserva i luoghi con molta attenzione e seleziona le persone con cui passare del tempo, crede molto nell’amicizia darebbe l’anima per salvare uno dei suoi amici da qualche pasticcio e spera che sia ricambiato questo atteggiamento.
Non guarda molto la televisione perché a condurla quasi sempre, donne con una voce a dir poco fastidiosa, non riesce a seguirle neanche per una decina di minuti eppure sono trasmissioni che hanno un audience da paura.
Per lo più interessato a programmi di storia e di arte preferendo sempre una conduzione maschile.
Il problema era quasi inesistente visto che tramite internet scaricava tutto quello di cui giornalmente aveva bisogno, non utilizzava chat, ma skype si, l’unico modo per parlare con delle persone che magari ti sono fisicamente lontane e non spendere soldi.
La notte, prima di addormentarsi, pensava sempre a qualcosa che gli mettesse tranquillità e spesso immaginava delle mani che si muovevano con eleganza gesticolando quasi timidamente, quel movimento gli rilassava il corpo ed era come se conoscesse quelle mani senza conoscerne il volto.
Si iscrisse al corso di letteratura e lingua tedesca, durante le presentazioni notò da subito una graziosa signorina dall’apparenza antipatica e siccome era in vena di ilarità si andò a sedere proprio accanto a lei che non li rivolse ne la parola ne lo sguardo e Daniele si spense all’improvviso, si alzò e andò a sedersi due posti dietro lei.
La lezione iniziò ma lui stette tutto il tempo a guardare lei, alzava sempre la mano e chiedeva qualcosa ogni qualvolta non era soddisfatta della spiegazione, aveva un tono di voce sublime, l’accento non si capiva, era seduta in modo elegante ed era bellissima.
La osservò a lungo, il corso finì e non ebbe il coraggio di conoscerla.
La sera dell’ ultimo giorno di corso tornò a casa senza soffermarsi nel bar con gli amici, tornò a casa a scrivere: “ sono invaso dalle sue movenze, quella voce ha risvegliato tutto in me ma è così acerba, seria e non ho avuto il coraggio di insistere, io quel primo giorno volevo solo scherzare e invece ho solo fatto una pessima figura, proprio con lei, ma domani ci provo a chiedere informazioni sul suo conto, ci devo parlare”
Il giorno dopo in modo molto sincero e schietto chiese il numero di telefono della ragazza in segreteria al corso dicendo che l’aveva perso ma che era vero che si erano conosciuti proprio li durante le lezioni.
Riescendo ad avere il numero la chiama immediatamente, lei risponde e lui “ scusa in anticipo per questa telefonata, sono Daniele il tipo che…” lei lo interrompe bruscamente “ si ho capito chi sei ma non capisco cosa vuoi il corso è finito e non penso che sei così stupido da chiamarmi con la scusa degli appunti” lui “ no, hai ragione anche tu, ti chiamo all’improvviso, non conosco neanche il tuo nome ma fidati di me voglio solo incontrarti e parlarti di persona, per favore decidi tu il posto ti raggiungo io” “ non so perché ma ci vediamo fra 15 minuti in piazza San Carlo, va bene?” Lui: “ si benissimo arrivo”.
Arriva in piazza si gira intorno la cerca, poi la vede arrivare quasi svenente le si avvicina, decidono di sedersi su di una panchina e incominciano a parlare.
Daniele era in formissima, lei sorrideva forse pensava che fosse un tipo davvero strano perché le continuava a parlare della sua voce e di quanto tempo avesse impiegato per trovarla, lei gli disse di prendere fiato e di finirla con tutti quei complimenti che la mettevano in imbarazzo.
Parlarono fino le 6 del mattino, fecero colazione in un bar e si salutarono con un bacio che durò a lungo.
Quella mattina al rientro da un incontro così devastante e bello
scrisse:“ affascinate e fastidioso allo stesso tempo, provo emozioni contrastanti perché pensavo che non ci fossi mai arrivato a conoscerla, intendo lei e quella voce..
e tanto ho cercato ma poi neanche tanto ripensando..
e ammetto sarò assurdo ma non ho voglia e non immagino in questo mio momento la mia vita già con lei.. ho corso troppo, affrettando i tempi..ma io vorrei ancora sognare non posso così giovane vivere a fianco al mio sogno”…
Osservo i gesti e interpreto le debolezze di ogni persona. Apro gli occhi all'incolumità dell'essere umano, cercando di andare oltre ogni malignità.
giovedì 2 agosto 2007
UNO SCAPIGLIATO IN CERCA DI UNA VOCE ROMANTICA

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